Lo Stretto
di Messina e
le sue correnti,
by Mauro Longo - Το στενό
της Μεσσήνης και τα ρεύματα της, από τον Mauro Longo
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Ecco il sesto di questi, dedicato al regime unico al mondo delle correnti dello
Stretto.
Lo
Stretto di Messina e le sue correnti
Per i suoi aspetti morfologici, lo
Stretto di Messina può essere rappresentato come un imbuto con la parte più
stretta verso nord, in corrispondenza della congiungente ideale Capo Peloro
(Sicilia) – Torre Cavallo (Calabria); verso sud, invece, questo imbuto si apre
gradualmente fino al traverso di Capo dell’Armi (Calabria). Il limite
settentrionale è nettamente identificabile, mentre quello meridionale può avere
un significato geografico o idrologico; quest’ultimo può essere considerato la
linea ideale che congiunge Capo Taormina (Sicilia) con Capo d’Armi (Calabria).
Come area idrologica, anche il confine settentrionale è ben più ampio di quello
geografico e comprende l’area del Mar Tirreno compresa tra Capo Milazzo, l’arco
delle Isole Eolie e le coste del Golfo di Gioia in Calabria.
Per quanto riguarda il profilo
sottomarino dello Stretto, esso può essere paragonato ad un monte, il cui
culmine è la “sella” (profonda 80-120 metri lungo la congiungente
Ganzirri-Punta Pezzo), i cui opposti versanti hanno pendenze decisamente
differenti. In questo tratto il fondo presenta un solco mediano irregolare, con
profondità massima di 115 m, che divide una zona occidentale (in prossimità di
Ganzirri) caratterizzata da profonde incisioni, da quella orientale di Punta
Pezzo, più profonda e pianeggiante. Caratteristica del settore settentrionale
dello Stretto è l’ampia Valle di Scilla, con una parte più profonda e ripida
(circa 200 m). La valle comincia poi ad appiattirsi e ad essere meno acclive
verso il Mar Tirreno dove prende il nome di Bacino di Palmi. Le pareti laterali
della valle, profonde e scoscese, si elevano bruscamente conferendo alla
sezione trasversale una forma ad “U”. Un’ampia ed irregolare depressione, meno
incisa (Valle di Messina), avente anch’essa sezione ad “U”, si riscontra nella
parte meridionale.
A profondità superiori ai 500 m, la
Valle di Messina si stringe divenendo più profonda e dando origine ad un ripido
canyon sottomarino (Canyon di Messina) che si protende fino alla piana batiale
dello Ionio.
Dal versante tirrenico siciliano, il
fondo marino degrada lentamente fino a raggiungere i 1.000 m nell’area di Milazzo
e, per trovare la batimetrica dei 2.000 m, si deve oltrepassare l’Isola di
Stromboli. Nella parte meridionale (Mare Ionio), invece, il pendio è molto
ripido ed a pochi chilometri dalla “sella” è possibile registrare la profondità
di 500 m tra le città di Messina e Reggio Calabria, oltrepassare ampiamente i
1.200 m poco più a Sud (Punta Pellaro), per raggiungere i 2.000 m al centro
della congiungente ideale Capo Taormina – Capo d’Armi.
Per queste sue peculiarità, lo
Stretto di Messina è un luogo unico e affascinante, sede di particolari
fenomeni caotici, quali i vortici (le bocche di Cariddi), le scale di mare, le
macchie d’olio. Questi fenomeni sono dovuti ad una combinazione di fattori
legati alle correnti di marea peculiari di quest’area ed all’incontro-scontro
di due mari, il Tirreno e lo Ionio aventi caratteristiche chimico-fisiche
(salinità, temperatura e densità) diverse. Lo Stretto di Messina costituisce
infatti il collegamento tra il bacino ionico e quello tirrenico, il primo più
profondo del secondo.
Morfologicamente è simile ad un
doppio imbuto che raggiunge l’ampiezza minima lungo la congiungente
Ganzirri-Punta Pezzo dove misura circa 3,4 km. I bacini dello Ionio e del
Tirreno hanno maree opposte, la parte centrale dello stretto è un punto anfitromico.
Il Mar Tirreno è mediamente più
freddo e meno salato dello Ionio anche se, lungo tutta la costa compresa tra
Giardini Naxos e Messina, i fenomeni di “upwelling” portando in superficie
acque profonde, determinano che le acque ioniche presenti nello Stretto siano
sensibilmente più fredde di quelle riscontrabili alla medesima quota in altri
siti del bacino ionico. Per le acque di superficie estive le differenze di
temperatura nello Stretto sono comprese mediamente tra 4 e 10°C. Il transito
nello stretto di Messina delle diverse masse d’acqua, in funzione del regime di
correnti, determina quindi l’incontro di acque tra di loro non immediatamente
miscibili. Poiché solo una parte delle acque che si presentano sulla sella
riesce a passare nel bacino contiguo e di queste una parte cospicua, perdendo
velocità, staziona ai confini dello stretto per ritornarvi nuovamente con il
successivo flusso, è possibile riscontrare con frequenza corpi d’acqua che,
cambiando bacino, vanno ad occupare quote diverse da quelle originarie in
funzione di un nuovo equilibrio dinamico negli strati d’acqua del bacino
ricevente.
Nella parte nord dello stretto di
Messina, nel bacino del Tirreno, fino al Golfo di Sant’Eufemia è stata notata
la presenza di onde interne e, in conseguenza di ciò la circolazione di acque
nello stretto può essere schematizzata nel modo seguente:
al prevalere della corrente ionica (direzione nord-sud), acque ioniche
profonde vengono sospinte dai moti di marea e risalgono la scarpata meridionale
affiorando nella parte centro-settentrionale, questo è il cosiddetto fenomeno
dell’upwelling;
al prevalere della corrente tirrenica, le acque di questo bacino
transitano verso sud, ma a causa della minore densità si dispongono
esclusivamente in superficie; al di sotto dei trenta metri invece il bilancio è
a favore dell’acqua ionica che, invadendo il bacino tirrenico, si colloca a
profondità di circa 200-300 m.
Quando il Mar Tirreno presenta bassa
marea al confine settentrionale dello Stretto, il contiguo Mar Ionio si trova
in fase di alta marea ed il contrario avviene al successivo cambio di marea. Il
dislivello (fino a 27 cm) che si viene a creare determina che periodicamente le
acque dell’uno e dell’altro bacino si riversino in quello contiguo. Più in
particolare, in fase di corrente “scendente” le acque tirreniche più leggere
scorrono sulle ioniche più pesanti fino a che l’intera parte centrale dello
Stretto è riempita da queste acque fluenti verso Sud. All’opposto, con il
predominio della corrente “montante”, acque sempre più pesanti interesseranno
il centro del bacino affondando sulle acque tirreniche più leggere che, in
precedenza, occupavano lo Stretto per versarsi quindi nel Tirreno una volta
oltrepassata la sella. L’incontro delle due masse d’acqua (ionica e tirrenica)
determina l’insorgenza di tutta una serie di fenomeni che sono ascrivibili
all’instabilità dinamica che si viene a creare e che si disperde nelle ben note
spettacolari manifestazioni di turbolenza; questi “disturbi” della corrente
possono presentarsi con sviluppo in senso orizzontale (nel caso dei “tagli” e
delle “scale di mare”) oppure verticale (nel caso di “garofali”, “bastardi” e
“macchie d’olio”).
Per i fenomeni del primo tipo si
tratta di vere e proprie onde, simili a quelle riscontrabili al cambio di marea
negli estuari, che si sviluppano quando, nel caso della montante, le acque più
pesanti del Mar Ionio si precipitano contro le più leggere acque tirreniche in
fase di recessione o quando, nel caso della scendente, le acque tirreniche
scivolano rapidamente su quelle ioniche più pesanti, già presenti nel bacino.
Queste onde di discontinuità si svilupperanno in particolari punti (Ganzirri,
Torre Faro e Punta Pezzo) estendendosi nella parte centrale dello Stretto, a
volte ampliandosi ed intensificandosi per l’azione dei forti venti che spingono
un tipo d’acqua su un altro. Per quanto concerne, invece, i fenomeni a sviluppo
verticale si tratta di veri e propri gorghi formati dall’incontro di correnti
opposte e favoriti dall’irregolarità del fondo.
I principali gorghi si formano
comunque in punti determinati con corrente montante. Si tratta del mitologico
“Cariddi”, a sud di Capo Peloro. Un grosso “garofalo” formato invece dalla
corrente scendente si trova tra Punta S. Raineri e l’ingresso del porto di
Messina. I “garofali” presentano una rotazione ciclonica ed in essi le acque
più pesanti affondano sopra quelle più leggere che emergono con moti
turbolenti. Nel caso delle “macchie d’olio” il movimento è invece anticiclonico
e le acque affiorano al centro del vortice mostrando una superficie calma
d’aspetto oleoso. Per quanto riguarda i “bastardi” essi sono correnti che si
sviluppano lungo le coste, con intensità proporzionale e contraria a quella del
flusso principale, ma variabile da zona a zona.
Tali notevoli velocità e gli enormi
volumi d’acqua in gioco (oltre 750.000 metri cubi al secondo per una corrente
di 200 cm/s), se rapportati ai mezzi di navigazione dei tempi omerici, indicano
chiaramente perché lo stretto venisse considerato abitato da mostri in grado di
ingoiare le imbarcazioni o farle naufragare nel volgere di poco tempo, come
l’immane Cariddi: il mostro senza volto che risucchiava le navi dagli abissi
producendo vortici e gorghi.
Uno dei fenomeni più interessanti
legati al ritmo generale e locale delle correnti messinesi è rappresentato da
un periodico ribollimento delle acque lungo le linee ad andamento trasversale
che viene designato dai rivieraschi col nome “taglio”, che ha origine nella
zona di Capo Peloro. Ogni inversione di corrente, in ogni singola zona, suole
essere accompagnata dal passaggio della linea del taglio. Il fenomeno dura
pochi minuti manifestando un ribollimento, un’agitazione nel settore
interessato. Questo settore si presenta cosparso di piccoli vortici rotanti
rapidamente attorno ad un definito centro di risucchio. In seguito la striscia
di mare agitato si sposta e percorre lo stretto recando ovunque le stesse
apparenze superficiali.
La particolare dinamica dello
Stretto influisce sull’attività fotosintetica di alcuni microrganismi autotrofi
(cianobatteri), individuati per la prima volta proprio a Messina, che nelle
condizioni di elevata turbolenza dello stretto producono molto meno di quanto
non facciano in condizioni normali. Si sono notate variazioni di distribuzione
anche per quanto riguarda lo zooplancton. Lo Stretto di Messina esercita una
certa selezione anche sulla ripartizione degli organismi batifili che si
trovano nei due bacini.
Il dinamismo dello Stretto esercita
una notevole influenza anche sull’inquinamento delle coste: una sostanza
inquinante immessa nel flusso della corrente scendente interessa le coste
siciliane verso sud, al contrario se la corrente è montante saranno le coste
calabre a risentire degli effetti della sostanza inquinante.
Le correnti dello Stretto di Messina
si possono ritenere vere correnti di marea; la corrente principale prodotta dal
flusso va al nord mentre quella generata dal riflusso scende al sud. Quattro
ore prima del passaggio della luna sul meridiano del Faro il riflusso comincia
a farsi sentire a Punta Peloro, successivamente si dirige verso Punta Peloro e
dopo ore giunge al fanale di S. Ranieri, a questo punto si sposta verso la
punta di Reggio, quindi perde notevolmente di forza dirigendosi verso la costa
siciliana. Nel momento in cui la luna passa sul meridiano il riflusso regna in
tutto il canale. A Punta Pezzo, dopo cinque ore del passaggio della luna sul
meridiano, si manifesta la corrente di flusso, mentre nella parte meridionale
dello stretto c’è ancora la corrente discendente. A Punta S.Ranieri il flusso
si fa sentire due ore dopo la sua comparsa a Punta Pezzo ed è completamente
stabilito nel canale quattro ore dopo il suo nascere. All’uscita dallo Stretto
poi corre lungo la costa calabra per Sicilia e Bagnara dirigendosi quindi al
largo. Il cambiamento delle maree non accade in modo regolare, le ore sopra
indicate non sono altro che una media del loro mutamento.
Nei giorni delle sizigie si hanno le
più rapide correnti della lunazione, nella quadratura le più deboli. La
velocità massima osservata è di 5 mph/h. Ai lati delle correnti principali,
circa un’ora dopo il loro passaggio, si generano delle controcorrenti chiamate
comunemente “bastardi”. L’incontro delle due correnti agita il mare e vi
cagiona un seguito di forti refoli o vortici, detti scale di mare. I garofali,
sono quei refoli o vortici che si originano nei punti d’incontro di opposte
correnti e là pure dove queste, incontrando notevoli difficoltà di fondo,
trovano ostacolo al loro sviluppo. I principali garofali sono quelli che si
formano davanti a Scilla ed a Torre Faro, nel luogo del mitologico Cariddi. Di
minore importanza poi sono quelli di S. Agata, Punta delle Grotte, Salvatore
dei Greci, Punta Pezzo e Catona. Le correnti di marea nell’interno del porto di
Messina durano tre ore ciascuna con intervallo di calma di tre ore.
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