Τρίτη 19 Μαΐου 2020

Storia di Pisa: la Guerra contro gli Arabi in Sardegna (1005-1022) [parte 2o]/ Η ιστορία της Πίζας : Ο πόλεμος εναντίον των Αράβων στην Σαρδηνία (1005-1022)[μέρος 2ο]

Storia di Pisa: la Guerra contro gli Arabi in Sardegna (1005-1022) [parte 2o]/ Η ιστορία της Πίζας : Ο πόλεμος εναντίον των Αράβων στην Σαρδηνία (1005-1022)[μέρος 2ο]

Nel precedente articolo abbiamo trattato l’arrivo degli Arabi in Sardegna e il conflitto tra questi ultimi e la flotta pisana. Gli anni immediatamente successivi al 1000 rappresentano un momento fondamentale nella costruzione dell’egemonia pisana sul Tirreno. La prima fase della guerra con Musetto e i suoi mercenari arabi ha visto una serie di vittorie e sconfitte, culminate, nel 1005, con il saccheggio di alcuni quartieri di Pisa da parte del comandante arabo.  Già nel corso del 1006, i Pisani rimettono in piedi le abitazioni distrutte e gli edifici incendiati. E preparano la loro vendetta. Quest’ultima però non rappresenta l’unica aspirazione di Pisa, che tra il 1006 e il 1012 consolida la propria posizione nei commerci via mare e arriva a disporre di una flotta di “centoventi legni d’ogni grandezza, galere, dromoni, barche da trasporto, e macchine da guerra nelle quali erasi fatto industre.”
Nel 1012 spetta al console Carletto guidare la spedizione della flotta pisana, che sbarca a Torres e, nonostante la resistenza degli Arabi, riesce a prendere la città e il suo entroterra. Con Torres saldamente nelle loro mani, i Pisani prendono la via per Sassari, dove Musetto è riuscito a fortificare per tempo le posizioni dei suoi. Per due volte, i soldati pisani appoggiano le scale di legno alle mura e tentano la scalata, ma gli Arabi li respingono in entrambe le occasioni. Mentre il console Carletto ordina la costruzione di macchine d’assedio (o l’assemblaggio di quelle portate da Pisa), Musetto raduna le sue forze, facendole convergere su Torres da Cagliari, Arborea e Oristano. La sua idea è quella di incendiare le navi pisane e massacrare i soldati rimasti sulla terraferma, ma privi di adeguati approvvigionamenti e di una roccaforte che li protegga. Appena gli esploratori pisani riportano al console la notizia, questi fa suonare la ritirata. I soldati marciano a tappe forzate per raggiungere Torres prima delle galee saracene e ci riescono. Non possono evitare, però, la flotta araba, e l’affrontano nelle acque al largo di Alghero. Lo scontro è particolarmente cruento.
Gli Arabi, in particolare, sono convinti di arrivare a Torres prima dei Pisani, e quando si trovano nella spiacevole situazione di essere ingaggiati in battaglia a sorpresa proprio mentre sperano di essere loro a sorprendere l’avversario. La flotta pisana colpisce duro, le navi arabe colano a picco una dopo l’altra e lo stesso Musetto si salva per miracolo. I legni rimanenti fanno vela verso il nordafrica, mentre gli altri Arabi presenti sull’isola l’abbandonano in tutta fretta. Ci sono, tuttavia, diversi mercanti musulmani che chiedono e ottengono di poter rimanere e continuare i loro commerci.
arabi in sardegna
La vittoria di Pisa sarebbe stata completa con la morte di Musetto, ma il comandante arabo è riuscito, come abbiamo visto, a mettersi in salvo.
La complessità degli eventi narrati in questo articolo e nel precedente, unita alla difficoltà nel reperire fonti esaurienti, ha portato anche grandissimi autori, come il Guglielmotti, a ricostruirli in modo lacunoso. Ad esempio, parlando della Sardegna antecedente al 1017, il noto storico delle marine cristiane dice “La Sardegna era stata più volte travagliata dal dai Saracini di Africa e Spagna, non mai sottomessa. Le aspre montagne, le rive impetuose, i paludi malsani, e più la gente fiera e indomabile, avevano spaventato e ricacciato indietro gli invasori.” E’ anche possibile che il Guglielmotti, considerando che gli Arabi erano riusciti a ottenere il controllo dei soli (e non tutti) centri costieri, non abbia voluto considerare la presenza di basi temporaneo come un soggiogamento completo dell’isola.
Musetto comunque, rimasto a leccarsi le ferite per qualche tempo, inizia ben presto ad approntare uomini e mezzi per una nuova impresa. Nel 1015 circa più di cento vele saracene appaiono all’orizzonte della costa occidentale sarda. La difesa dei Sardi è coraggiosa, ma il gran numero di nemici e la superiorità navale degli Arabi non permette loro di respingere l’invasione. Cagliari finisce nelle loro mani. Il Gazano, nella sua Storia della Sardegna (1777), fornisce alcuni dettagli sulla caduta della città (che il Tronci data invece al 1022):
I cittadini] si appigliarono al partito di domandare una tregua colla condizione, che se entro il termine di otto giorni non fosse loro giunto soccorso , avrebbero in tal caso evacuata la piazza , salve però le loro persone, non men che le robe, che ciascuno sopra di sé avrebbe potuto portare, la qual condizione essendo stata accettata dal nemico, si sospesero poi fedelmente dall’uno e dall’altro canto le ostilità. Ma perchè il tempo convenuto spirò senza che fosse giunto lo sperato rinforzo, essendo stati astretti gli assediati a evacuare la città, il barbaro allora violati sacrilegamente i patti non solo li spogliò di quelle poche suppellettili, che a tenor d’essi ognun di loro portava sopra di sé, ma tutti eziandio li fece passare a fil di spada.”
Dal punto di vista di Pisa – e delle sue ambizioni commerciali e politiche – avere Cagliari e gran parte dei porti sardi (anche se il dominio di Musetto è concentrato nella zona del Giudicato di Cagliari) in mano ai Saraceni vuol dire dover rischiare i propri navigli e le proprie merci su ogni rotta, ed essere esposta a ogni genere di saccheggio e distruzione sulla costa. Anche il Papa, d’altro canto, non può accettare un nemico così forte ad portas. Si tratta, per giunta, di un nemico che mostra particolare odio nei confronti dei Cristiani, visti come infedeli che non si sono adeguati alla parola dell’ultimo Profeta.
Dopo la morte di Sergio IV, tra l’altro, è salito al soglio pontificio Benedetto VIII, uno dei pontefici politicamente più attivi dell’XI secolo (e non solo). Poco dopo il suo insediamento, il nuovo Papa incorona Enrico II di Sassonia (l’ultimo degli Ottoni) Imperatore dei Romani e, nel 1016/1017 (a seconda dell’autore), spedisce il vescovo di Ostia a convincere il suo omologo pisano ad adottare un’azione risolutiva nei confronti degli Arabi. A Roma è attivo anche l’ecclesiastico cagliaritano Ilario Cao (Hilarius Caius), che sembra aver avuto un ruolo importante in queste vicende. Non è invece chiaro se dietro l’alleanza con i Genovesi vi sia un lavoro dei legati papali o dei diplomatici pisani.
I tempi si fanno stringenti quando Musetto, partendo Cagliari, prende terra nei pressi di Luni (a pochi chilometri da Pisa, ricostruita dopo le devastazioni vichinghe di due secoli prima) e la saccheggia. Alla fine dei combattimenti con gli abitanti del posto, Musetto diventa anche padrone della città, da cui parte per compiere raid sulla costa toscana. Sempre il Gazano scrive: “dappertutto erano commesse dalle sue genti ostilità orrende senza numero, oltre che le donne con la forza venivano svergognate.”
A questo punto, la coalizione costruita da Benedetto VIII mette insieme un piccolo esercito con il quale raggiunge Luni via terra, mentre le galee pisane e genovesi bloccano la fuga via mare degli Arabi. Il combattimento infuria per tre giorni, con perdite enormi da entrambi i lati. Alla fine però, gli Italiani stringono il cerchio, massacrando tutti i Saraceni ad eccezione di Musetto e delle sue guardie, che riescono a superare il blocco navale con una piccola imbarcazione.
Tuttavia, nella fretta della fuga, Musetto ha lasciato a terra la sua regina (non è chiaro se fosse la moglie preferita o l’unica moglie), che viene subito catturata e giustiziata dai Pisani assieme ai pochi sopravvissuti musulmani. Il.copricapo della donna, ricco di gioielli, viene spedito a Enrico II. La città è distrutta, solo pochi autoctoni sono riusciti a mettersi in salvo sui monti. Quanto a Musetto, secondo il Gozano:
“Pieno di stizza l’indegno Moro non meno pel funesto fine della consorte, che per la perdita dell’armata principiò a darvi sfogo con inviare al pontefice un sacco colmo di castagne, volendo colla moltiplicità di quei frutti significargli che per far le sue vendette avrebbe spedito tanti mila uomini quanti erano essi, ma il pontefice, intrepido altrettanto quanto il Moro era insolente, rispose intrepidamente mandando a lui un sacco pieno di miglio per dargli a intendere che punto non lo sgomentavano le sue bravate , giacché altrettanti uomini gli avrebbe egli opposti , quanti erano li granelli del miglio nel sacco riposti.”
Tornato in Sardegna, a Torres (Porto Torres) fa crocifiggere diversi cristiani per vendicarsi dello smacco subito.
Pisani e Genovesi hanno però poco tempo per rallegrarsi e festeggiare: è il momento giusto per attaccare gli avamposti arabi in Sardegna.
Alla flotta pisano-genovese basta presentarsi al largo dell’isola per convincere Musetto a ritirarsi. A capo delle navi pisane c’è Marchionne Masca o Biondo Benigni Gli Arabi abbandonano velocemente tutte le basi, incalzati anche dai Sardi. A detta di uno degli storici musulmani più grandi di sempre, Ali Ibn al-Athir, Musetto viene sconfitto dalle forze cristiane attorno alla fine dell’anno 406 dell’Egira, nel giugno 1016 circa.
Con gli Arabi estromessi dalla Sardegna, Pisa e Genova si trovano a dover affrontare la questione della spartizione del bottino e delle terre. Secondo il Gozano, che ha passato in rassegna moltissime fonti (dal Tronci al Landini, dal Calchi al Foglietta), il patto è questo: a Pisa la Sardegna, a Genova tutto il bottino (navi, oro, merci, ecc.). Molti storici dubitano dell’effettiva esistenza di questo patto, anche perché l’enorme vantaggio a favore di Pisa potrebbe essere spiegato solo con le mire genovesi sulla Corsica e con una maggiore consistenza della flotta pisana nell’assalto alla Sardegna.
Ad ogni modo sembra che i Pisani non siano intenzionati ad ottenere un controllo capillare dell’isola, ma vogliano limitarsi a basi sicure per la navigazione, tanto che negli Annali del Tronci si legge: “la vittoria suol esser superba, la superbia mal cauta: e i Pisani lo mostrarono. Tenevano la Sardegna non molto munita, quasi dovesse bastare il loro nome a farla sicura.”
Musetto però, rifugiatosi nelle Baleari, non rinuncia all’idea di essere il padrone incontrastato della Sardegna. La nuova invasione avviene nel 1022, e ancora una volta sono Pisa e Genova ad agire, scacciando, questa volta per sempre, il comandante arabo.
Le imprese pisane contro gli Arabi risuonano a lungo in tutta Europa e rimangono impresse in alcune epigrafi del Duomo, probabilmente di inizio XII secolo, quando alle vittorie su Musetto si aggiungono quelle in Terrasanta e la conquista temporanea (con relativo saccheggio) delle Baleari. .
In relazione alla completa confusione cronologica dei fatti sardo-arabo-pisani-genovesi, è bene fare riferimento per un attimo al Muratori, che rigetta (a ragione) la teoria del Tronci per cui i Giudicati sarebbero stati creati dai Pisani e, oltre a questo, mostra come i Pisani prenderanno realmente possesso dell’isola solo un paio di secoli dopo.
Dello stesso parere è uno dei più grandi esperti contemporanei di storia della Sardegna, Corrado Zedda, che nel suo I Rapporti Commerciali Fra La Sardegna E Il  Mediterraneo Dal XIII Al XV Secolo. Continuità E Mutamenti. Archivio storico e giuridico sardo di Sassari, 12. pp. 119-199:
“Come risulta evidente alla luce dei più recenti studi e di un esame più puntuale e sereno della documentazione, pare più corretto delimitare l’espansione pisana, intesa cioè come espansione del comune di Pisa, in un arco cronologico che comprende il 1216 (anno di acquisizione legale del Monte di Castro, a Cagliari), il 1258, anno della conquista del giudicato di Cagliari, e il 1324-1326, che vide la perdita dei possessi sardi in seguito alla conquista aragonese. Per i genovesi vale, pur con i dovuti distinguo, di aree, modalità e periodizzazione, lo stesso discorso.
Quello che accadde prima di tale epoca non fu neppure la storia dei pisani  e dei genovesi in Sardegna, bensì la storia di quei pisani e di quei genovesi che, in diverso modo e per motivi diversi, trovarono opportuno avere rapporti con l’isola e i suoi ceti dirigenti. “Espansione commerciale”, dunque, e relativa a personaggi ben precisi e distinti, è un termine che mi sembra più vicino alla realtà del tempo, privo dell’anacronismo che altrimenti proietteremmo sugli avvenimenti sardi dell’XI-XIII secolo, che si inquadravano in un contesto ben diverso da quello della seconda metà del Duecento.”
Bibliografia
1.Bertolotti, Davide. Gli Arabi in Italia. 1838
2.Tronci, Paolo. Annali Pisani. 1829
3. Fanucci, Giovanni B. Storia Dei Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani.Volume I, 1818.
4. Fanucci, Giovanni B. Storia Dei Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani.Volume II, 1818.
5. Martini, Storia delle Invasioni Degli Arabi e Delle Piraterie Dei Barbareschi in Sardegna, 1861
6. Gazano, La Storia della Sardegna, 1777
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