Scontri Dimenticati: La Battaglia
del Garigliano (915)/ Forgotten Conflicts: The Battle of Garigliano (915) / Ξεχασμένες
συγκρούσεις: Η μάχη του Garigliano (915)
La Battaglia del Garigliano, fatto
d’armi avvenuto nel secondo decennio del X secolo, ha ricevuto poca attenzione
dalla storiografia moderna sebbene abbia avuto una grande rilevanza nella
storia della penisola.
Alla fine del VI secolo Minturnae era ancora una bella città romana,
appollaiata sulla via Appia, quando i Longobardi la rasero al suolo. I
cittadini si spostarono sul vicino colle di Traietto, dove fondarono un nuovo
centro abitato. La zona doveva essere abbastanza fertile, visto che dopo poco
tempo, attorno all’VIII secolo, il potere papale decise di mettere quel
territorio alle sue dipendenze dirette, fondando il Patrimonium Traiectum. La
città venne dotata di una cinta muraria, probabilmente nel IX secolo, quando le
razzie dei saraceni si erano spinte fino alle mura di Roma (vedi Sacco di Roma
e Battaglia di Ostia). Le mura non furono però sufficienti a fermare le sortite
sempre più violente degli invasori islamici, che distrussero la città nell’883
e, cosa peggiore, occuparono in pianta stabile buona parte della pianura del
Garigliano.
Con Traetto amministrata completamente dai musulmani, Roma e tutta
l’Italia centrale non potevano considerarsi al sicuro. Al contrario di quello
che potreste pensare, i cristiani ebbero qualche problema a fare fronte comune
contro i musulmani. La colonia di Traetto era infatti una colonia di mercenari,
che vendevano le loro prestazioni a principi, duchi e signori che affollavano
il sud Italia in quel periodo. Detti musulmani erano anche riusciti a stabilire
dei buoni rapporti con Docibile I, fresco fondatore (attorno all’870-875) di
una nuova dinastia nel Ducato di Gaeta. Per “buni rapporti” intendo dire che
Docibile fu catturato dai saraceni e liberato solo grazie agli amalfitani. Dopo
questo episodio, si era affrettato a fare pace con i suoi sequestratori e aveva
accettato anche l’inevitabile scomunica da parte di Giovanni VIII.
Un tentativo di Alleanza
Giovanni VIII convocò nell’875 a Traetto il principe di Salerno Guaiferio
e i duchi Puleari di Amalfi, Landolfo di Capua, Docibile di Gaeta e Sergio II
di Napoli, cioè le principali autorità politiche delle zone più soggette alle
invasioni e in parte addirittura occupate dagli arabi. Fallì nel suo intento e
fu costretto a pagare tributo, comperando nell’aprile dell’878 una tregua ai
musulmani nella misura di 25.000 mancusi d’argento.
Ad ogni modo, lo stesso papa Giovanni VIII non aveva fatto nulla per risolvere
la situazione del basso Lazio, anzi, il continuo concedere le terre dominate
dai saraceni ora a Pandenulfo di Capua, ora a Docibile, portò proprio
quest’ultimo a chiedere l’aiuto dei Saraceni di Agropoli.
Il papa doveva anche preoccuparsi della situazione, sempre più tragica,
che andava delineandosi nei dintorni di Roma. Partendo da Traetto e da altre
roccaforti, i Saraceni aumentarono il numero degli attacchi, arrivando ad
occupare in pianta stabile Narni, Orte, la Valle del Sacco, Farfa e altre zone.
Nell’articolo “Gli arabi nel Lazio nei secoli IX e X“, Giuseppe Cossuto e
Daniele Mascitelli scrivono:
… avendo chiuso le vie di accesso a Roma,
gli arabi imponevano tributi e riscatti a tutti pellegrini diretti alla città
santa. Oltre alle scorrerie, gli arabi si dedicavano al consolidamento dei
propri stanziamenti. Secondo quanto ci dice la cronaca di Liutprando, essi
avevano creato sul Garigliano un vero e proprio nucleo di cittadella islamica,
dove “custodivano donne figliuoli, prigionieri e bottino”. Avevano cioè dato vita a nuovi nuclei famigliari, probabilmente misti,
e avevano fondato un centro forse anche dotato degli edifici chiave della città
islamica: una sala di preghiera, se non una vera moschea, un serraglio e una
bayt al-mâl, ossia una tesoreria dove si riponeva il bottino sottoforma di
decime pagate dai fedeli e di tributi.
La
loro presenza nella zona divenne talmente opprimente che il monaco Benedetto di
Sant’Andrea ebbe a scrivere:
REGNAVERUNT AGARENI IN ROMANO
REGNO
La “questione musulmana” rimase aperta per diverse decadi. Docibile,
scheggia impazzita del centro italia e signore -formalmente- di Traetto, non
sembrava interessato a combattere i saraceni, tanto che ancora nel 900 e nel
903 si preoccupò di attaccare la cristianissima Capua con milizie islamiche,
salvo poi decidere di stringere una fitta rete di alleanze con longobardi e
napoletani.
I tentativi di sradicare la presenza saracena continuarono all’inizio del
X secolo, ma continuava a mancare l’apporto decisivo di Napoli e/o Gaeta. Ciò
non deve meravigliare; oltre alla paura nei confronti dei saraceni, i signori
campani avevano necessità di mantenere con loro – padroni del Nord Africa e
della Sicilia – dei buoni rapporti commerciali.
Solo attorno al 910 papa Giovanni X iniziò ad organizzare una forza
militare che fosse in grado di annientare i musulmani una volta per tutte. Si
trattava di un papa cazzuto, guerriero, con una faccia da delinquente di prima
categoria. A confermare questa ipotesi sta un’evidenza storica: comandò in
prima persona le milizie romano-toscane nella battaglia del Garigliano.
I contingenti che si unirono alla Lega Cristiani provenivano da tutta
Italia:
–
Landolfo I e Atenolfo II di Benevento;
–
Gregorio IV di Napoli;
–
Guaimario II di Salerno;
–
Giovanni I di Gaeta;
–
Alberico I di Spoleto, protospatario di Re Berengario (cui il papa aveva
promesso la corona imperiale);
– Niccolò Picingli, strategos
dell’Impero Bizantino;
Le operazioni iniziarono nel nord del Lazio e nei dintorni di Roma. I
saraceni furono costretti alla ritirata (probabilmente verso il Garigliano o la
Sicilia), mentre l’esercito papale procedeva verso sud. La roccaforte islamica
del Garigliano fu stretta d’assedio all’inizio dell’estate. Le forze cristiane
avevano circondato il nemico, tagliandogli anche l’accesso al mare grazie
all’intervento delle navi napoletane, gaetane e bizantine.
Da amante della storia, ammetto che pagherei oro per sapere com’era equipaggiato
ogni singolo soldato che prese parte alla battaglia. Avendovi preso parte
militari provenienti da tutto l’occidente (franchi di Berengario, longobardi,
bizantini, milizie cittadine italiane), doveva esserci abbastanza materiale da
mandare in arresto cardiaco anche l’oplologo più insensibile.
Le ostilità continuarono fino ad agosto, quando i saraceni, persa la
fortezza, tentarono di raggiungere il mare e prendere la via della Sicilia. I
soldati cristiani riuscirono ad intercettarli e a massacrarli, ponendo fine
all’espansionismo musulmano nella penisola.
Venuto a conoscenza della vittoria, Berengario si precipitò a Roma tanto
che, secondo il Muratori, il 10 novembre 915 aveva già raggiunto Lucca. Nel
dicembre 915, il re d’Italia riceveva la
corona imperiale nella Città Santa.
Discendenti laziali dei Saraceni?
Saracinesco, piccolo paese a 40km da Roma, legherebbe il suo nome e il
suo primo insediamento a un manipolo di Saraceni, che scampati alla sconfitta
di Vicovaro (916) , loro inferta da Papa Giovanni X, si sarebbero rifugiati sui
Monti Ruffi accettando la resa e il Battesimo. A sostegno di questa tradizione,
che farebbe di Saracinesco un’isola etnica semitica, gli storici ottocenteschi
riferivano l’esistenza tra la popolazione di nomi e cognomi arabi – Almansor,
Morgante, Margutta – , sottolineando peraltro come gli abitanti medesimi
fossero di «statura vantaggiosa e belli, con alcun che relativo all’origine
araba»
Questo Articolo è stato pubblicato per la prima volta il 27 Agosto 2012
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