Storia di
Pisa: la Guerra
contro gli Arabi
in Sardegna (1005-1022) [parte 2o]/ Η ιστορία
της Πίζας : Ο πόλεμος εναντίον των Αράβων στην Σαρδηνία (1005-1022)[μέρος 2ο]
Nel precedente articolo abbiamo trattato l’arrivo degli Arabi in Sardegna
e il conflitto tra questi ultimi e la flotta pisana. Gli anni immediatamente
successivi al 1000 rappresentano un momento fondamentale nella costruzione
dell’egemonia pisana sul Tirreno. La prima fase della guerra con Musetto e i
suoi mercenari arabi ha visto una serie di vittorie e sconfitte, culminate, nel
1005, con il saccheggio di alcuni quartieri di Pisa da parte del comandante
arabo. Già nel corso del 1006, i Pisani
rimettono in piedi le abitazioni distrutte e gli edifici incendiati. E
preparano la loro vendetta. Quest’ultima però non rappresenta l’unica
aspirazione di Pisa, che tra il 1006 e il 1012 consolida la propria posizione
nei commerci via mare e arriva a disporre di una flotta di “centoventi legni
d’ogni grandezza, galere, dromoni, barche da trasporto, e macchine da guerra
nelle quali erasi fatto industre.”
Nel 1012 spetta al console Carletto guidare la spedizione della flotta
pisana, che sbarca a Torres e, nonostante la resistenza degli Arabi, riesce a
prendere la città e il suo entroterra. Con Torres saldamente nelle loro mani, i
Pisani prendono la via per Sassari, dove Musetto è riuscito a fortificare per
tempo le posizioni dei suoi. Per due volte, i soldati pisani appoggiano le
scale di legno alle mura e tentano la scalata, ma gli Arabi li respingono in
entrambe le occasioni. Mentre il console Carletto ordina la costruzione di
macchine d’assedio (o l’assemblaggio di quelle portate da Pisa), Musetto raduna
le sue forze, facendole convergere su Torres da Cagliari, Arborea e Oristano.
La sua idea è quella di incendiare le navi pisane e massacrare i soldati
rimasti sulla terraferma, ma privi di adeguati approvvigionamenti e di una
roccaforte che li protegga. Appena gli esploratori pisani riportano al console
la notizia, questi fa suonare la ritirata. I soldati marciano a tappe forzate
per raggiungere Torres prima delle galee saracene e ci riescono. Non possono
evitare, però, la flotta araba, e l’affrontano nelle acque al largo di Alghero.
Lo scontro è particolarmente cruento.
Gli Arabi, in particolare, sono convinti di arrivare a Torres prima dei
Pisani, e quando si trovano nella spiacevole situazione di essere ingaggiati in
battaglia a sorpresa proprio mentre sperano di essere loro a sorprendere
l’avversario. La flotta pisana colpisce duro, le navi arabe colano a picco una
dopo l’altra e lo stesso Musetto si salva per miracolo. I legni rimanenti fanno
vela verso il nordafrica, mentre gli altri Arabi presenti sull’isola l’abbandonano
in tutta fretta. Ci sono, tuttavia, diversi mercanti musulmani che chiedono e
ottengono di poter rimanere e continuare i loro commerci.
arabi in sardegna
La vittoria di Pisa sarebbe stata completa con la morte di Musetto, ma il
comandante arabo è riuscito, come abbiamo visto, a mettersi in salvo.
La complessità degli eventi narrati in questo articolo e nel precedente,
unita alla difficoltà nel reperire fonti esaurienti, ha portato anche
grandissimi autori, come il Guglielmotti, a ricostruirli in modo lacunoso. Ad
esempio, parlando della Sardegna antecedente al 1017, il noto storico delle
marine cristiane dice “La Sardegna era stata più volte travagliata dal dai
Saracini di Africa e Spagna, non mai sottomessa. Le aspre montagne, le rive
impetuose, i paludi malsani, e più la gente fiera e indomabile, avevano
spaventato e ricacciato indietro gli invasori.” E’ anche possibile che il
Guglielmotti, considerando che gli Arabi erano riusciti a ottenere il controllo
dei soli (e non tutti) centri costieri, non abbia voluto considerare la
presenza di basi temporaneo come un soggiogamento completo dell’isola.
Musetto comunque, rimasto a leccarsi le ferite per qualche tempo, inizia
ben presto ad approntare uomini e mezzi per una nuova impresa. Nel 1015 circa più
di cento vele saracene appaiono all’orizzonte della costa occidentale sarda. La
difesa dei Sardi è coraggiosa, ma il gran numero di nemici e la superiorità
navale degli Arabi non permette loro di respingere l’invasione. Cagliari
finisce nelle loro mani. Il Gazano, nella sua Storia della Sardegna (1777),
fornisce alcuni dettagli sulla caduta della città (che il Tronci data invece al
1022):
I cittadini] si appigliarono al partito di domandare una tregua colla
condizione, che se entro il termine di otto giorni non fosse loro giunto
soccorso , avrebbero in tal caso evacuata la piazza , salve però le loro
persone, non men che le robe, che ciascuno sopra di sé avrebbe potuto portare,
la qual condizione essendo stata accettata dal nemico, si sospesero poi fedelmente
dall’uno e dall’altro canto le ostilità. Ma perchè il tempo convenuto spirò
senza che fosse giunto lo sperato rinforzo, essendo stati astretti gli
assediati a evacuare la città, il barbaro allora violati sacrilegamente i patti
non solo li spogliò di quelle poche suppellettili, che a tenor d’essi ognun di
loro portava sopra di sé, ma tutti eziandio li fece passare a fil di spada.”
Dal punto di vista di Pisa – e delle sue ambizioni commerciali e
politiche – avere Cagliari e gran parte dei porti sardi (anche se il dominio di
Musetto è concentrato nella zona del Giudicato di Cagliari) in mano ai Saraceni
vuol dire dover rischiare i propri navigli e le proprie merci su ogni rotta, ed
essere esposta a ogni genere di saccheggio e distruzione sulla costa. Anche il
Papa, d’altro canto, non può accettare un nemico così forte ad portas. Si
tratta, per giunta, di un nemico che mostra particolare odio nei confronti dei
Cristiani, visti come infedeli che non si sono adeguati alla parola dell’ultimo
Profeta.
Dopo la morte di Sergio IV, tra l’altro, è salito al soglio pontificio
Benedetto VIII, uno dei pontefici politicamente più attivi dell’XI secolo (e
non solo). Poco dopo il suo insediamento, il nuovo Papa incorona Enrico II di
Sassonia (l’ultimo degli Ottoni) Imperatore dei Romani e, nel 1016/1017 (a
seconda dell’autore), spedisce il vescovo di Ostia a convincere il suo omologo
pisano ad adottare un’azione risolutiva nei confronti degli Arabi. A Roma è
attivo anche l’ecclesiastico cagliaritano Ilario Cao (Hilarius Caius), che
sembra aver avuto un ruolo importante in queste vicende. Non è invece chiaro se
dietro l’alleanza con i Genovesi vi sia un lavoro dei legati papali o dei
diplomatici pisani.
I tempi si fanno stringenti quando Musetto, partendo Cagliari, prende
terra nei pressi di Luni (a pochi chilometri da Pisa, ricostruita dopo le
devastazioni vichinghe di due secoli prima) e la saccheggia. Alla fine dei
combattimenti con gli abitanti del posto, Musetto diventa anche padrone della
città, da cui parte per compiere raid sulla costa toscana. Sempre il Gazano
scrive: “dappertutto erano commesse dalle sue genti ostilità orrende senza
numero, oltre che le donne con la forza venivano svergognate.”
A questo punto, la coalizione costruita da Benedetto VIII mette insieme
un piccolo esercito con il quale raggiunge Luni via terra, mentre le galee
pisane e genovesi bloccano la fuga via mare degli Arabi. Il combattimento
infuria per tre giorni, con perdite enormi da entrambi i lati. Alla fine però,
gli Italiani stringono il cerchio, massacrando tutti i Saraceni ad eccezione di
Musetto e delle sue guardie, che riescono a superare il blocco navale con una
piccola imbarcazione.
Tuttavia, nella fretta della fuga, Musetto ha lasciato a terra la sua
regina (non è chiaro se fosse la moglie preferita o l’unica moglie), che viene
subito catturata e giustiziata dai Pisani assieme ai pochi sopravvissuti
musulmani. Il.copricapo della donna, ricco di gioielli, viene spedito a Enrico
II. La città è distrutta, solo pochi autoctoni sono riusciti a mettersi in
salvo sui monti. Quanto a Musetto, secondo il Gozano:
“Pieno di stizza l’indegno Moro non meno pel funesto fine della consorte,
che per la perdita dell’armata principiò a darvi sfogo con inviare al pontefice
un sacco colmo di castagne, volendo colla moltiplicità di quei frutti
significargli che per far le sue vendette avrebbe spedito tanti mila uomini
quanti erano essi, ma il pontefice, intrepido altrettanto quanto il Moro era
insolente, rispose intrepidamente mandando a lui un sacco pieno di miglio per
dargli a intendere che punto non lo sgomentavano le sue bravate , giacché
altrettanti uomini gli avrebbe egli opposti , quanti erano li granelli del
miglio nel sacco riposti.”
Tornato in Sardegna, a Torres (Porto Torres) fa crocifiggere diversi
cristiani per vendicarsi dello smacco subito.
Pisani e Genovesi hanno però poco tempo per rallegrarsi e festeggiare: è
il momento giusto per attaccare gli avamposti arabi in Sardegna.
Alla flotta pisano-genovese basta presentarsi al largo dell’isola per
convincere Musetto a ritirarsi. A capo delle navi pisane c’è Marchionne Masca o
Biondo Benigni Gli Arabi abbandonano velocemente tutte le basi, incalzati anche
dai Sardi. A detta di uno degli storici musulmani più grandi di sempre, Ali Ibn
al-Athir, Musetto viene sconfitto dalle forze cristiane attorno alla fine
dell’anno 406 dell’Egira, nel giugno 1016 circa.
Con gli Arabi estromessi dalla Sardegna, Pisa e Genova si trovano a dover
affrontare la questione della spartizione del bottino e delle terre. Secondo il
Gozano, che ha passato in rassegna moltissime fonti (dal Tronci al Landini, dal
Calchi al Foglietta), il patto è questo: a Pisa la Sardegna, a Genova tutto il
bottino (navi, oro, merci, ecc.). Molti storici dubitano dell’effettiva
esistenza di questo patto, anche perché l’enorme vantaggio a favore di Pisa
potrebbe essere spiegato solo con le mire genovesi sulla Corsica e con una
maggiore consistenza della flotta pisana nell’assalto alla Sardegna.
Ad ogni modo sembra che i Pisani non siano intenzionati ad ottenere un
controllo capillare dell’isola, ma vogliano limitarsi a basi sicure per la
navigazione, tanto che negli Annali del Tronci si legge: “la vittoria suol
esser superba, la superbia mal cauta: e i Pisani lo mostrarono. Tenevano la
Sardegna non molto munita, quasi dovesse bastare il loro nome a farla sicura.”
Musetto però, rifugiatosi nelle Baleari, non rinuncia all’idea di essere
il padrone incontrastato della Sardegna. La nuova invasione avviene nel 1022, e
ancora una volta sono Pisa e Genova ad agire, scacciando, questa volta per
sempre, il comandante arabo.
Le imprese pisane contro gli Arabi risuonano a lungo in tutta Europa e
rimangono impresse in alcune epigrafi del Duomo, probabilmente di inizio XII
secolo, quando alle vittorie su Musetto si aggiungono quelle in Terrasanta e la
conquista temporanea (con relativo saccheggio) delle Baleari. .
In relazione alla completa confusione cronologica dei fatti
sardo-arabo-pisani-genovesi, è bene fare riferimento per un attimo al Muratori,
che rigetta (a ragione) la teoria del Tronci per cui i Giudicati sarebbero
stati creati dai Pisani e, oltre a questo, mostra come i Pisani prenderanno
realmente possesso dell’isola solo un paio di secoli dopo.
Dello stesso parere è uno dei più grandi esperti contemporanei di storia
della Sardegna, Corrado Zedda, che nel suo I Rapporti Commerciali Fra La
Sardegna E Il Mediterraneo Dal XIII Al
XV Secolo. Continuità E Mutamenti. Archivio storico e giuridico sardo di
Sassari, 12. pp. 119-199:
“Come risulta evidente alla luce dei più recenti studi e di un esame più
puntuale e sereno della documentazione, pare più corretto delimitare
l’espansione pisana, intesa cioè come espansione del comune di Pisa, in un arco
cronologico che comprende il 1216 (anno di acquisizione legale del Monte di
Castro, a Cagliari), il 1258, anno della conquista del giudicato di Cagliari, e
il 1324-1326, che vide la perdita dei possessi sardi in seguito alla conquista
aragonese. Per i genovesi vale, pur con i dovuti distinguo, di aree, modalità e
periodizzazione, lo stesso discorso.
Quello che accadde prima di tale epoca non fu neppure la storia dei
pisani e dei genovesi in Sardegna, bensì
la storia di quei pisani e di quei genovesi che, in diverso modo e per motivi
diversi, trovarono opportuno avere rapporti con l’isola e i suoi ceti
dirigenti. “Espansione commerciale”, dunque, e relativa a personaggi ben precisi
e distinti, è un termine che mi sembra più vicino alla realtà del tempo, privo
dell’anacronismo che altrimenti proietteremmo sugli avvenimenti sardi
dell’XI-XIII secolo, che si inquadravano in un contesto ben diverso da quello
della seconda metà del Duecento.”
Bibliografia
1.Bertolotti, Davide. Gli Arabi in
Italia. 1838
2.Tronci, Paolo. Annali Pisani. 1829
3. Fanucci, Giovanni B. Storia Dei
Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani.Volume
I, 1818.
4. Fanucci, Giovanni B. Storia Dei
Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani.Volume
II, 1818.
5. Martini, Storia delle Invasioni
Degli Arabi e Delle Piraterie Dei Barbareschi in Sardegna, 1861
6. Gazano, La Storia della Sardegna,
1777
Πηγή
: http://zweilawyer.com/2017/06/21/storia-di-pisa-la-guerra-contro-gli-arabi-in-sardegna-1005-1022/
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